" … la miseria dei poveri zolfatari disoccupati in questo capoluogo e nei comuni di Valguarnera e Villarosa scriveva nel febbraio 1888 al prefetto di Caltanisetta è giunta a tale che intiere famiglie debbono soccombere per fame… Per le strade di questo capoluogo non si vedono che desolati zolfatari, vacanti e senza scopo, macilenti e ridotti allo stremo, i quali stendono vergognosi la mano per implorare un'elemosina che loro permetta di comperare pochi soldi di pane alle loro famiglie, assuefatte in altri tempi all'epoca dei lavori ad una giusta agiatezza. All'interno delle loro abitazioni lo spettacolo è anche più squallido e straziante: poiché, vendute o messe in pegno tutte le suppellettili ed arredi, non vi resta che un misero giaciglio, sul quale stanno accovacciati alla rinfusa le persone della famiglia, attendono con rassegnazione la lenta morte per consunzione, per freddo e per fame; non avendo nemmeno più la forza di reagire contro la sempre più invadente miseria".

Negli ultimi decenni del 1800 fu creato un primo movimento operaio organizzato chiamato "la fratellanza" di Favara. Studiare oggi le classi lavoratrici è un fattore oramai anacronistico e si può aggiungere che parlare dei minatori, dei zolfatari siciliani è fuori luogo perché questa categoria in Sicilia oggi non esiste più. Ma ritengo sia giusto dare qualche accenno perché coloro che verranno dopo di noi sappiano.

Riporto alcuni passi dal lavoro di Paolo Pezzino "Violenza e competizione per le risorse nell'area degli zolfi a fine ottocento:La fratellanza di favara":

" … Il lavoro al quale il picconiere è sottoposto corrode e disgrega la sua personalità, fino alla perdita totale di ogni senso morale. Imbroglia e deruba il pur severo sorvegliante, durante il lavoro in miniera; e quando rientra in paese, non fa altro che bere e gioca d'azzardo, sperperando così tutto quello che ha guadagnato durante la settimana… E' rispettoso e sottomesso ai superiori durante le ore di lavoro, ma appena ritorna in paese diventa prepotente e litigioso, con un atteggiamento sprezzante e provocatorio… E i carusi? Le infelici creature vengono ingaggiate per lavorare all'aperto non appena compiono dieci anni e, quando hanno compiuto i quattordici anni, per lavorare dentro la miniera… questo genere di vita li predispone al rachitismo e alla deformità e, moralmente, sopprime in essi ogni istinto di umana bontà, perché crescono avendo a loro modello i picconieri, anzi con un più completo e generale disfacimento della dignità umana, mentre nell'animo nascono e crescono istinti violenti di ribellione e di malvagità, i semi di un odio inconscio, le tendenze più perverse".

Il lavoro massacrante, la continua tirannia dei padroni portarono i minatori al divenire esseri violenti, in particolare negli ultimi decenni del secolo scorso, quando forte fu la crisi dello zolfo, le richieste del mercato diminuirono, molte furono le miniere fermate per eccedenze di materiale invenduto, migliaia furono i minatori costretti alla disoccupazione. In questo contesto nacquero le prime forme di lotta organizzata.

Il geometra Domenico Soieva, socialista, tentò per primo di organizzare i minatori di Favara con la vana speranza di poter intraprendere nuove forme di lotta, con la speranza di tenere le fila di tutti quei minatori in difficoltà che avrebbero in caso contrario intrapreso strade di lotta pericolose e scellerate che potevano portare, come invece accadde, a violenti scontri di piazza. Esso durante un comizio a Racalmuto disse:

"… io ho sentito il dovere di dirvi che se volete andare avanti occorre educarvi,… abbandonare il vizio, le bettole e dare una contingente inferiore alla criminalità… le statistiche criminali parlano chiaro e fanno spavento… ignoranti, viziosi e disorganizzati come siete oggi, vivreste nella più orribile obiezione morale ed economica…".

La "Fratellanza di Favara" ebbe un grosso seguito a quel momento, si estese anche nei comuni vicini ed arrivò ad avere circa cinquecento iscritti, aveva uno statuto che prevedeva riti di iniziazione e segni di riconoscimento tra gli iscritti di chiara provenienza massonica ed era in uno un mutuo soccorso senza limiti e senza misura, come scriveva il Lestingi "anche nei delitti".

Questa fratellanza, secondo alcuni studiosi, poteva avere il carattere e la

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