nerale accatastato sui piani delle miniere. Ma poteva anche essere, come lo era stato per lo più agli inizi dell'industria zolfifera, titolare di una forma di cottimo che prevedeva la consegna dello zolfo fuso in pani (il cosiddetto partito di carico) o del minerale grezzo, con alle dipendenze altri picconieri e carusi cui praticava svariate forme di sub-cottimo. O poteva, per mancanza di capitali, sfortuna o incapacità, essere ridotto a salariato puro, retribuito a giornata, alle dipendenze di un suo collega.

La presenza di questi piccoli imprenditori operai faceva si che lo sfruttamento della forza lavoro non avvenisse in forma diretta nella relazione tra l'esercente e tutta la manodopera della miniera, ma fosse tanto più duro in quanto assumeva la veste di sfruttamento di lavoratori su altri lavoratori.

L'aspetto più odioso di questo si pre Ogni "carusu" in pratica, attraverso il "soccorso morto", si trovava in una condizione di vero e proprio servaggio nei confronti del picconiere. Eppure, nonostante la drammaticità di questa condizione umana, la classe dirigente dello stato liberale non riuscì ad emettere una legge che regolasse il contratto di lavoro nelle zolfare.

sentava nella relazione che legava i "carusu" al picconiere.


trasporto del materiale a spalle da parte dei carusi. Archivio R.Carlini

Ma la spietatezza dello sfruttamento della forza lavoro impiegata nelle zolfare non si coglie solo con gli aspetti formali del contratto di lavoro ma anche e soprattutto con le modalità della retribuzione operaia.

Basta ricordare cose che parzialmente sono note: la discrezionalità padronale nella valutazione del cottimo attraverso la cosiddetta cassa le cui dimensioni variavano da zona a zona e potevano essere facilmente cambiate con la manipolazione della "regola", asta di legno che serviva come unità di misura; l'irregolarità dei periodi di paga, gli anticipi sulla retribuzione nelle botteghe delle zolfare, attraverso il pagamento in natura, soprattutto con farina di frumento, che veniva fornita in quantità inferiore al peso nominale e calcolata secondo valori superiori a quelli di mercato, metodi che il picconiere a sua volta applicava più duramente nei confronti del "carusu"; i prezzi elevati degli altri alimenti, delle riparazioni degli strumenti e dei prodotti che servivano all'esercizio del mestiere (l'olio per l'illuminazione, la carta per le micce, la polvere da sparo, le lampade di terracotta,…) le piccole e le grandi angherie quali la colletta per le feste padronali, le regalie al capomastro, la "scanciatina" che era la provvigione che il datore di lavoro tratteneva nello scambiare il denaro al picconiere.

Insomma tutto congiurava perché mai il salario nominale coincidesse con il salario reale ed anzi, quest'ultimo subisse sostanziali riduzioni.

Tra il 1890 ed il 1913  594 furono gli scioperi degli zolfari.Il vero debutto degli zolfatari sulla scena degli scioperi avvenne tra 1883 ed 1884, periodo della più grossa crisi che colpì il settore solfifero italiano. La congiuntura sfavorevole aveva avuto conseguenze durissime sulle condizioni operaie: migliaia di loro infatti rimasero senza lavoro, coloro che riuscirono a mantenere il lavoro dovettero subire delle riduzioni dello stipendio fino a raggiungere i minimi storici.

7. Prime forme di organizzazione dei minatori: dalla Fratellanza di Favara agli scioperi del 1900

Come abbiamo visto il lavoro nelle buie ed anguste gallerie delle miniere siciliane era duro, difficile, pericoloso, al limite della sopravvivenza e forte è stato sempre lo sfruttamento della forza lavoro e la rabbia per le continue angherie subite portava spesso i minatori a forme di lotta al limite della legalità.


prima pagina di un giornale siciliano all'indomani di un terribile incidente nella miniera Trabia-Tallarita. di Sommatino    -Archivio R.Carlini

Valga per tutte la testimonianza del sottoprefetto del circondario di Piazza Armerina

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