sistemato in modo tale da lasciare liberi dei canaloni verticali di ventilazione ed era colmato di materiale. La forma del forno era una cupola che era ricoperta da una "camicia" di "ginisi", mentre la bocca del forno veniva chiusa con impasto di gesso. Il fuoco era attizzato dall'alto introducendo legna accesa in punti lasciati appositamente aperti. Lo zolfo fondeva a poco a poco colando sul pavimento e scivolando fino alla "morte" (bocca del forno), che era in seguito aperta per farlo defluire attraverso canaloni di legno in apposite forme ("balate").

Con questo sistema si ottenne un aumento di produzione derivato dal recupero delle perdite che si ottenevano con le calcarelle. Gli operai che si occupavano del caricamento e quelli che curavano le fasi della fusione (riempitori e gli arditori) divengono figure determinanti per la buona riuscita delle fusioni. L'arditore provvede all'accensione con frasche impregnate di zolfo che vengono inserite in punti caratteristici del Calcarone, inizia quindi la fusione che si protrae per circa 20-30 giorni.

Forni Gill Il sistema dei forni Gill venne introdotto per la prima volta nel 1880 nelle miniere Gibellini e Regalmuto e continuamente perfezionato fino ad alcuni decenni orsono. Il sistema si basa sul concetto che il calore prodotto dalla fusione dello zolfo può essere utilizzato per la preparazione del materiale da fondere successivamente. Il sistema era basato su due celle (o più) comunicanti, in muratura, adiacenti e di forma troncoconica. Le costruzioni erano sormontate da una calotta sferica, nel cui centro s'apriva un foro circolare per la carica del minerale. Il suolo delle camere inclinato, costituito da "ginisi" e la "morte" erano simili a quelle dei calcaroni. In alto le due celle comunicavano fra loro con un condotto orizzontale, nel mezzo del quale era collegata una tavola a saracinesca che serviva a chiudere la comunicazione tra le due celle, che a loro volta comunicavano con una canna fumaria Il forno era acceso, dopo aver messo in comunicazione le due celle e chiuso le "morti" con muretti di gesso, con il sistema delle fascine imbevute di zolfo.

Nel forno, acceso i prodotti di combustione della prima cella detta "motrice" erano sufficienti a far separare il minerale dalla ganga che era posto nella seconda. La temperatura raggiungeva più di 200 gradi. Per rendere il procedimento più redditizio e usare al meglio i fumi prodotti, alle due celle base se ne collegavano delle altre. Con questo tipo di forno venne messa a punto un sistema che permetteva di rendere programmabile la produzione, che determina dei ritmi e dei tempi precisi e che si basa su un elementare principio di risparmio energetico. La fortuna del fortuna Gill, intesa come termini di diffusione, sarà inferiore a quella del calcarone.

La flottazione, l'unica alternativa concreta ai vari sistemi di fusione sperimentati ed utilizzati in prossimità delle miniere è costituita dalla flottazione. Questo sistema, che fa parte del panorama della fase della smobilitizzazione dell'attività estrattiva dello zolfo siciliano, consiste nella separazione del minerale dalla ganga con l'utilizzo di sostanze e procedure che ne favoriscono il distacco. In pratica il materiale estratto viene finemente triturato e quindi messo in sospensione in un liquido (acqua con aggiunta di oli). L'impasto così preparato permetteva la separazione fisica dello zolfo dagli altri elementi.

La Sicilia produceva nel 1938 i due terzi della produzione solfifera Italiana, l'altro terzo era dato da miniere della Romagna e delle Marche dalla Società Anonima Montecatini. Le qualità di zolfo prodotte in Italia erano quattro e venivano così denominate:

gialla superiore - gialla inferiore  - . Buona  - . corrente

Queste non si differivano di molto tra di loro per tenore di zolfo, tanto che venivano garantite ai compratori percentuali minime di purezza del 99,50% per la prima, 99,25% per la seconda, 98% per la terza e del 97% per la quarta. Si distinguevano però fra loro per il divario di colore, presentandosi le prime due di un bel giallo lucente e le altre due, per la presenza di piccole tracce di bitume, con una coloritura piuttosto bruna.

3. Produzione dello zolfo nel 1938

Viene riportata di seguito una tabella pubblicata dal ministero dell'Indu

continua